Da quando Instagram ha stravolto il panorama social, tutti quelli nati prima degli anni ’00 si sentono dei matusa!
Si fa presto a dire social media manager. Ma prima che un professionista del settore, il social media manager deve essere uno/a sul pezzo.
Mi occupo da qualche anno ormai di social. Ma cosa vuol dire social media? Facebook? Twitter? In effetti li ho visti nascere, sono stata parte attiva, insieme a milioni di utenti, dell’evoluzione di queste piattaforme. Certamente gran parte del lavoro lo fanno gli sviluppatori e il team marketing probabilmente, decidendo questa o quella evoluzione. Ad esempio introducendo le Pagine, Facebook ha spalancato le porte all’adv, sia sponsorizzato che non.
Fin qui è storia nota, soprattutto per quelli della mia generazione, (anno di nascita 1989).
Ma ahimè, mentre io ero immersa nella consueta gestione di Facebook, Twitter, Linkedin, nasceva una nuova creatura, o meglio rinasceva. Instagram è in effetti un grande sconosciuto per noi over 25, almeno nella sua evoluzione più attuale.
Partiamo dal presupposto che in Italia le novità tecnologiche arrivano sempre leggermente in ritardo, un po’ come le voci dei nonni che ci chiamavano dai primi modelli di proto-cellulari. E quindi, Instragram per come l’ho visto nascere io era una cosa per pochi, scarna, semplice, bella, ma comunque prevedeva un uso saltuario e misurato. Era il social delle fotografi belle, o più spesso di foto qualsiasi con effetti random che rendevano luminescenti e favolosi anche le immagini del piatto di pasta condito con tonno in scatola. Il tutto rigorosamente accompagnato da improbabili hashtag come #instagood #instafood #instaepic e via dicendo (molti di questi sono tristemente ancora in voga). Ma da allora tutto il resto è cambiato. Dopo le intramontabili foto tema food sono poi arrivati gli ormai irrinunciabili selfie: correva l’anno 2010 quando l’uscita dell’iPhone 4, con la sua fotocamera anteriore, apriva la strada all’autoscatto. E oggi?
Come ogni anno anche quest’estate mi pongo un obiettivo, per tenere attivo il cervello anche sotto il sole di agosto. Quest’anno invece di prefissarmi interminabili letture ho sfidato me stessa a padroneggiare Instagram, in 15 giorni. E ho scoperto di avere delle voragini da colmare. Da utente sporadica, ho iniziato a passarci le ore, a sperimentare con il mio profilo privato, con risultati discreti, credevo… fino a che Rossella, un’amica classe 1995, un giorno me l’ha dovuto dire: sei vecchia. SILENZIO. Non sono certo frasi che si dicono a una quasi trentenne, ma l’ho lasciata parlare.
Le storie che fai sembrano quelle di mia madre se solo sapesse che esistono le Instagram stories
Infatti dovete tenere conto che ormai anche le stories hanno uno “storico”. E gli utenti hanno già deciso tendenze e regole non scritte. Un po’ come se qualcuno si iscrivesse oggi a Faceboook senza conoscerlo minimamente e spontaneamente risponderebbe alla domanda retorica “A cosa stai pensando”, proprio come facevamo noi teenager quando il social era ai suoi albori. Non ditemi che Facebook non delizia anche voi quasi ogni giorno con perle di saggezza dal passato: Sto pensando che fa caldo e vorrei tanto un gelato. Insomma, per imparare, abbiamo dovuto sbagliare. Ecco io a quanto pare faccio le storie come si facevano nella preistoria (oggi, infatti, le ere durano solo pochi mesi).
Non si usa più fare le scritte così grandi, così storte, è trash. Mi reguardisce la mia amica.
L’importanza va data al soggetto. Instagram, infatti, rimane sempre il social del bello.
I tag, quindi, vanno integrati nella foto, non sono un abbellimento, ma hanno una funzione tecnica, quella di inviare una notifica al soggetto taggato e quindi un link diretto della tua storia al suo profilo e la possibilità per il destinatario di ricondividere la stessa storia: un‘ulteriore possibilità di engagement quindi.
Ancora una volta a vincere (come in tutti i settori legati alla grafica negli ultimi dieci anni circa) è la semplicità, la pulizia. Pochi elementi, belli. Lo ha fatto proprio Instagram con un rebranding che prevede un logo molto stilizzato, molto minimal.
Per lo stesso motivo ora e luogo è meglio metterli in grigio asserisce Rossella. Le scritte tutte colorate, grandi, lasciamole agli adolescenti in cerca di identità.
Devi coinvolgere i tuoi follower. In effetti non parlare con i vostri follower, è un po’ come rimanere muti a lungo in ascensore con il tuo vicino di casa. Pubblichi una storia e vedi chiaramente le visualizzazioni aumentare e puoi leggere i nomi degli utenti che hanno visualizzato il tuo contenuto e loro sanno che tu sai. Insomma siete nella stessa stanza virtuale, ma fissate il muro senza nemmeno salutarvi. Come rimediare? Inserite sondaggi, buffi o reali che siano, all’interno delle vostre storie. O ancora meglio iniziate una diretta se avete qualcosa di interessante da dire e interagite direttamente con gli spettatori e i loro commenti. Le dirette sono una risorsa preziosa. Ogni volta che ne iniziate una, Instagram invia una notifica ai vostro follower, quindi usatele con intelligenza, fatele durare almeno il tempo necessario affinché tutti ricevano l’alert della diretta e cercate di curare un minimo l’immagine.
Soprattutto se fate marketing non potete permettervi di non avere le idee chiare, a partire dei vostri profili privati. Quella è la vostra palestra personale, date retta agli amici più giovani e abusatene con coscienza!