Il comportamento d’acquisto moderno è frammentato, ma anche ricco di occasioni per influenzare la scelta. In questo articolo esploro come i bias cognitivi agiscono nelle quattro fasi del processo decisionale dei consumatori, dalla scoperta fino alla conversione.

Negli ultimi mesi abbiamo esplorato in profondità il mondo dei bias cognitivi, e più recentemente abbiamo affrontato le 4S individuate da GoogleStreaming, Scrolling, Searching e Shopping – come le quattro fasi chiave nel percorso d’acquisto digitale. Quello che forse ancora non abbiamo detto chiaramente è che bias e comportamenti di acquisto sono strettamente legati. Se il percorso di ogni cliente si frammenta su più touchpoint, allora anche ogni fase può essere il momento giusto per utilizzare i bias cognitivi a nostro favore.

Streaming: creare bisogno prima ancora dell’acquisto

Quando siamo nella fase di streaming, non sappiamo ancora cosa vogliamo davvero. Scorriamo contenuti su YouTube o Instagram o TikTok, ci lasciamo ispirare. In questa fase, più che vendere, dobbiamo alimentare il desiderio latente. È il momento perfetto per sfruttare bias come le euristiche di categoria, che aiutano l’utente a orientarsi in un panorama troppo vasto, o l’effetto cornice, che influenza il modo in cui percepiamo una proposta in base al contesto in cui ci viene presentata. Se riusciamo a incorniciare bene un’idea, la prima scintilla è accesa.

Scrolling: impatto visivo e fiducia al primo sguardo

Quando l’utente passa alla fase dello scrolling, cioè quando naviga tra vetrine digitali, la partita si gioca tutta sull’impatto. Qui intervengono ad esempio l’effetto alone e la segnalazione costosa. Il primo ci dice che se un brand appare curato, elegante e ben presentato, allora lo giudicheremo positivamente anche nei suoi aspetti più nascosti. La seconda strategia – come una campagna pubblicitaria ben visibile o un packaging di alto livello – ci trasmette un messaggio di autorevolezza. È il momento di essere visibili e rassicuranti, perché chi scrolla è più vicino all’azione di quanto si pensi.

Searching: domande, risposte e prove

Arrivati nella fase di searching, le persone vogliono risposte chiare, affidabili e rapide. E qui i bias sono facili protagonisti. La social proof diventa fondamentale: le recensioni, le testimonianze, i commenti positivi degli altri utenti aiutano a validare la nostra proposta. A questo si può aggiungere l’authority bias: se la tua azienda o il tuo prodotto sono consigliati da qualcuno considerato esperto, il potere persuasivo aumenta. In questa fase non possiamo bluffare. Serve qualità e riprova sociale concreta.

Shopping: l’urgenza che converte

E infine arriviamo alla fase dello shopping, il momento in cui l’utente è pronto a comprare. Qui entrano in campo due alleati potentissimi: la scarsità e il potere dell’immediatezza. Offerte a tempo, disponibilità limitata, countdown: tutti elementi che spingono all’azione. Ma attenzione, vanno dosati bene. Una pressione eccessiva può bloccare la decisione, soprattutto per acquisti complessi. Meglio un invito deciso ma elegante: “Solo oggi. Solo per te. Clicca ora”.

Conclusione: i bias come ingredienti del marketing quotidiano

In questo articolo abbiamo “giocato” con alcuni bias cognitivi, adattandoli alle quattro fasi del processo d’acquisto. Ma non sono solo strumenti teorici: sono presenti ogni giorno nel nostro modo di comunicare, proporre e vendere. Il nostro compito è imparare a riconoscerli, sfruttarli con etica e renderli parte di una strategia di marketing che parli davvero alle persone. Prima che lo faccia qualcun altro. Con i tuoi potenziali clienti ahimè, o addirittura con i tuoi attuali clienti. Doppio ahimé!

Articolo di Alessandro Chiavacci

Condividi:

Iscriviti ai nostri canali
per rimanere aggiornato

Ecco alcuni titoli della stesssa categoria.