Pompei e i muri che parlavano: il marketing prima del marketing

Permettetemi un po’ di narrazione: “Immaginate di camminare tra le strade di Pompei, in un mattino d’estate del I secolo dopo Cristo. Le pietre sotto i piedi scottano, le voci si sovrappongono — venditori, risate, richiami in latino volgare. Passate davanti a una bottega di pane, poi a una taverna dove il vino è servito in coppe d’argilla. E poi, alzando gli occhi, lo vedete: un muro interamente dipinto di rosso, con una scritta in lettere bianche che grida al passante la sua promessa:

“Aulum Rustium aedilem oro faciatis.”
(Vi prego di eleggere Aulo Rustio come edile.)

Non è solo un appello politico. È uno dei primi segni di ciò che oggi chiameremmo marketing: l’arte di comunicare valore, costruire reputazione, convincere.”


Un social network di calce e colore

A Pompei, i muri non erano semplici barriere: erano canali di comunicazione. Oltre 3.000 iscrizioni sono state ritrovate finora: messaggi politici, annunci di spettacoli, dichiarazioni d’amore, avvisi commerciali, satire, battute. Alcuni erano graffiti spontanei, incisi col carboncino o con un chiodo. Altri, invece, erano pitture murarie vere e proprie, commissionate a professionisti — i scriptores — che si occupavano di scrivere messaggi elettorali, sempre nella zona più visibile della città.

La scrittura su muro era un medium pubblico e collettivo: la città intera si raccontava attraverso i suoi muri. Non era solo comunicazione. Era posizionamento.


Votami. Comprami. Seguimi.

L’esempio più noto sono le iscrizioni elettorali, come questa, rinvenuta lungo la via dell’Abbondanza:

“Helvium Sabinum IIvirum o.p.v.f. facite.”
(Eleggiamo Elvio Sabino duoviro, uomo degno della cosa pubblica.)

Ma non mancano messaggi più sfrontati o di spirito commerciale:

“Lupus fecit. Feliciter.”
(Lupo lo ha fatto. Buona fortuna.)

Questa scritta, forse apposta da un artigiano o da un muratore, rappresenta una delle prime forme di firma professionale: Lupo si prende il merito dell’opera, ci mette la faccia. È branding personale, in piena regola.

In un’altra casa, ritroviamo invece il racconto quotidiano:

“XIII K(alendas) Maias panem feci”
(Il 19 aprile ho fatto il pane.)

Un post su Instagram, versione carboncino.


Lo spettacolo come evento da promuovere

Molti messaggi murali riguardano gli spettacoli gladiatori — vero centro del tempo libero romano. Come in questa scritta, scoperta su una parete nei pressi dell’Anfiteatro:

“Familia gladiatoria Auli Suetti Certi pugnabit Pompeis pridie Kalendas Iunias. Venatio erit, vela erunt.”
(La famiglia gladiatoria di Aulo Suettio Certo combatterà a Pompei il 31 maggio. Ci sarà una caccia e anche le tende per l’ombra.)

La promessa di divertimento e comfort: spettacolo e copertura dal sole. Un perfetto mix tra contenuto e servizio. È event marketing, con informazioni pratiche e benefit inclusi.

Muri come media

Da un punto di vista contemporaneo, quei muri erano un media a tutti gli effetti con una reach territoriale (posti strategici vicino al foro o al mercato), una funzione informativa (orari, date, nomi) e soprattutto una funzione persuasiva (scelte lessicali, invocazioni, appellativi come vir bonus o dignus rei publicae).
L’idea stessa che una città si potesse leggere camminando è vicina a ciò che oggi è l’advertising ambientale o il guerrilla marketing urbano.


Il marketing come istinto umano

Quello che colpisce di più non è tanto la tecnica, quanto la familiarità. Le scritte sembrano riflessi di ciò che vediamo oggi sulle nostre bacheche social:

  • il bisogno di visibilità,
  • la richiesta di sostegno,
  • la costruzione di reputazione,
  • la promozione di eventi,
  • la condivisione di atti di vita quotidiana.

Come scrive lo storico dell’economia Edward Gibbon, “i Romani avevano inventato ogni forma di pubblicità tranne quella che richiedeva l’elettricità.”

E secondo il sito Marketing Museum:

“Marketing practices — as tools of persuasion, identification and differentiation — go back thousands of years. The walls of Pompeii are perhaps the best-preserved testimonial of marketing thinking in ancient societies.”


Rileggere Pompei con gli occhi del marketing

Pompei ci insegna che il marketing nasce ben prima del termine che oggi usiamo per definirlo. Nasce con il desiderio umano di:

  • lasciare un segno,
  • distinguersi,
  • convincere gli altri a scegliere qualcosa (un prodotto, un evento, una persona),
  • e farlo con un linguaggio riconoscibile, pubblico, persistente.

Ogni muro diventava una pagina, un manifesto, un post. Ogni scritta, un tentativo di influenza. E in questo, Pompei non è antica. È sorprendentemente moderna.


Fonti

Benefiel, Rebecca: sui graffiti come forma mattutina di comunicazione sociale a Pompei
Scientific American: sugli annunci politici sui muri


E nel prossimo episodio…

La storia prosegue. Nel prossimo articolo entreremo nel mondo di Umbricius Scaurus, produttore di garum (la salsa di pesce più famosa dell’Impero), e scopriremo come già nel I secolo si faceva packaging, branding e distribuzione commerciale su larga scala.

Pompei ci ha mostrato che i muri parlavano. Ma Scaurus ci dimostrerà che anche le anfore sapevano comunicare.

Articolo di Dreamers Agency

Condividi:

La storia del Marketing raccontata in parole semplici.

Seguici per rimanere aggiornato

Ecco alcuni titoli della stesssa categoria.

contatta l'Autore