Se oggi c’è un errore che rischiamo di commettere nel marketing è quello di confondere il valore di ciò che è misurabile con ciò che è importante. Siamo stati educati per anni a rincorrere i click, le impression, le metriche istantanee. Ma quanto valgono davvero? Quante di quelle persone che hanno cliccato su un annuncio, messo un like o compilato un form diventano clienti veri? E soprattutto: quanto durano nel tempo? Questo articolo nasce da una riflessione semplice, ma potente: nel marketing non basta più misurare l’efficacia di un’azione, bisogna iniziare a misurare il valore che genera. Un valore che non si misura in pixel, ma in relazione.
I limiti delle metriche che usiamo
Per troppo tempo ci siamo accontentati di strumenti che ci davano dati in tempo reale, senza chiederci se quei dati raccontassero la verità del business. Ogni giorno vedo report pieni di frecce verdi, tassi di apertura, costi per click e lead raccolti. Ma poi vado a vedere i risultati reali, e spesso manca un pezzo: chi ha comprato davvero? Chi è rimasto nel tempo? Chi ha generato valore? È qui che entra in gioco un concetto che sento sempre più urgente: il valore del cliente nel tempo, non solo al momento dell’acquisizione.
Il problema è che molti sistemi di tracciamento si fermano all’ultimo click, all’ultima interazione, al form compilato. Ma il percorso del cliente è molto più lungo, spesso fatto di momenti di “acquisto/non acquisto” sparsi, lenti, non lineari. Limitarsi a un approccio “last click” significa tagliare via il contesto, e quindi prendere decisioni su basi incomplete. Eppure, ancora oggi, molte aziende affidano i loro budget e le loro scelte a questa visione parziale.
Ridefinire il successo nel marketing
Serve un cambio di paradigma. Dobbiamo spostare il focus dalle vanity metrics al valore effettivo generato, adottando un approccio che tenga conto di tutto il viaggio necessario per creare e mantenere un cliente attivo. E serve farlo con pazienza, perché il valore si costruisce nel tempo. Alcuni cicli di acquisto durano settimane, altri mesi. Nel B2B, ad esempio, ci sono processi lunghi e relazioni da coltivare prima che il cliente arrivi alla decisione.
Per questo motivo, quando si misura il marketing, bisogna porsi alcune domande scomode: quale risultato voglio davvero ottenere? Che tipo di cliente voglio attrarre? Quanto mi durerà quella relazione nel tempo? E solo dopo, domandarsi quali metriche possono aiutarmi a capirlo davvero.
Uno degli articoli più interessanti letti ultimamente su questo tema — pubblicato su The Marketing Blog — racconta proprio questo: come passare dai click al valore. Spiega che il successo va misurato con strumenti coerenti con il modello di business, che bisogna integrare le fonti dati, validarle, e definire orizzonti temporali realistici per capire cosa sta davvero funzionando. E soprattutto, che bisogna mappare l’intero percorso del cliente, non solo l’ultima azione.




Verso un marketing che costruisce, non solo converte
Quello che ci serve, oggi, è un marketing che misura connessioni, non solo conversioni. Che considera il valore del cliente lungo un tempo medio lungo, che integra dati da più canali, che sa aspettare. Un marketing che non si accontenta di vedere il cliente entrare, ma vuole capire cosa succede dopo e possibilmente convicerlo a ricomprare più e più volte.
In Dreamers, lo vediamo ogni giorno: alcune delle operazioni più riuscite sono quelle che all’inizio sembravano lente, poco redditizie, persino “invisibili” nei report. Ma poi, a distanza di mesi, quei contatti diventano clienti fedeli, portano altri contatti, costruiscono fiducia. E fiducia, lo sappiamo, è la moneta più solida nel lungo periodo.
Conclusione: scegliere cosa conta davvero
Misurare il marketing non è solo una questione tecnica, è una scelta di visione. Possiamo continuare a rincorrere click, aperture e tassi di engagement. Oppure possiamo iniziare a costruire valore, a guardare lontano, a investire in relazioni che durano. E allora, il marketing smette di essere una serie di numeri da interpretare e diventa una leva strategica per generare senso, fiducia e futuro.
Articolo di Alessandro Villa