Perché la creatività umana resiste e che cosa l’AI non può rubarci

La distinzione tra ciò che rende unica la creatività umana e ciò che un modello linguistico artificiale (LLM) può fare non è una disputa ornamentale: è la linea che separa l’arte dal mero prodotto procedurale.

Quando discutiamo “umano vs AI”, spesso inciampiamo su un bias: concentriamo l’attenzione su aspetti superficiali, stile, scelte lessicali, idiosincrasie, ci perdiamo ciò che davvero serve indagare. Nel passato, qualcuno ha cercato di scovare “l’impronta M dash” o certe locuzioni per distinguere un testo generato da un’IA da uno umano. Ma quel tipo di approccio è instabile: cambiamenti nei modelli, aggiornamenti, fine‐tuning lo rendono rapidamente obsoleto.

Meglio guardare “sotto il cofano”: come imparano e come generano linguaggio entrambi gli attori. In quel confronto emergono due concetti chiave: semantica e sviluppo narrativo. L’AI, anche la più avanzata, resta debole su quei piani: può produrre testi fluidi e grammaticalmente corretti, ma spesso manca profondità concettuale e tessitura narrativa organica. 

Noi umani possiamo, al contrario, oscillare, scrivere cose deboli, ma quando scriviamo in maniera decisa, le connessioni semantiche e le scelte narrative vengono da dentro. 

In questo articolo esamino questi elementi, porto evidenze neuroscientifiche e ragiono su come la creatività umana resti un dominio in cui l’IA può aiutare, ma non sostituire.

Indice

  1. Differenza tra segnali superficiali e meccanismi profondi
  2. Meccanismi di apprendimento: esseri umani vs LLM
  3. Semantica: il punto debole dell’IA
  4. Narrazione e struttura: ciò che l’IA fatica a replicare
  5. Cosa dice la neuroscienza sulla creatività
  6. Implicazioni pratiche per chi crea oggi
  7. Conclusione: un’alleanza, non una resa

1. Differenza tra segnali superficiali e meccanismi profondi

Molti cercano di distinguere un testo umano da uno generato da modelli guardando frasi caratteristiche, punteggiatura, uso di “trucchi stilistici”. Ma questi segnali cambiano di modello in modello, generazione dopo generazione. Non ci offrono stabilità teorica. Inoltre, possono colpire anche gli umani: un autore può usare un M dash, un costrutto “strano” e ingenerare sospetti infondati. È come cercare di distinguere un dipinto da un falso giudicando la firma — non vogliamo affidare tutto a quello.

Dobbiamo guardare ai meccanismi: come imparano (modelli vs esseri umani) e come generano. Questi processi possono rivelare differenze strutturali e cognitive profonde.

2. Meccanismi di apprendimento: esseri umani vs LLM

  • L’uomo apprende per esperienza diretta nel mondo, attraverso percezione, azione, feedback contestuali. Le parole sono ancorate a sensazioni, percezioni, concetti concreti.
  • Un LLM apprende da enorme testo scritto: correlazioni statistiche tra token (parole/pezzi di parole). Non ha esperienza diretta del mondo, né un “sé” che percepisce, sperimenta, cambia mentalmente con la vita.

Questa differenza non è banale: implica che un modello può imitare associazioni testuali, ma non “comprendere” nel senso umano del termine. Recenti studi teorici mostrano che ci sono limiti formali alle proprietà semantiche che i modelli possono apprendere: ad esempio non possono acquisire certe nozioni di implicazione profonda o coerenza semantica forte. Fonti

3. Semantica: il punto debole dell’IA

Cosa significa “semantica”? Non solo “ciò che le parole significano” ma “come le parole si relazionano al mondo, agli obiettivi, alle intenzioni”. Un modello può manipolare simboli ma non avere una concezione interna del mondo. Critici affermano che i modelli “parrotano stile, non capiscono significati profondi.” Amazon Science

Un dato interessante: uno studio recente rileva che la rete semantica interna degli LLM ha connettività locale debole, associazioni meno flessibili rispetto a quelle umane. ScienceDirect Questo suggerisce che, pur potendo “apparire” coerenti, le relazioni concettuali dentro quel sistema restano fragili e poco robuste rispetto alla mente umana.

4. Narrazione e struttura: ciò che l’IA fatica a replicare

La narrazione non è solo “bella prosa”, è una costruzione intelligente di tema, intenzione, conflitto, progressione e “risonanza”, elementi che richiedono pensiero simbolico, prospettiva, selezione tematica consapevole. Un LLM può imitare pattern narrativi che ha letto, ma non creare una vera “architettura narrativa originale” che emerga da un’intuizione interna.

Hai osservato: un testo generato può essere sintatticamente elegante ma narrativamente vuoto. Quella disgiunzione (alte prestazioni formali, basso peso semantico) è un segno di “simulazione” più che di creazione. Nei casi umani in cui la scrittura è debole, le strutture formali e concettuali tendono a essere allineate (cioè: se il contenuto è debole, anche la forma lo mostra). L’IA invece può produrre “forma alta + contenuto basso” sistematicamente.

5. Cosa dice la neuroscienza sulla creatività

Ecco dove possiamo portare evidenze empiriche a supporto del discorso.

La creatività sembra emergere da circuiti cerebrali collegati – non da una singola area. Uno studio su 36 studi fMRI e 857 partecipanti ha identificato un “circuito della creatività”, coinvolgendo regioni distribuite. Mass General Brigham

Il network di “default mode” (DMN), un sistema attivo quando la mente è libera da compiti vincolati (daydreaming, associazioni interiori) è cruciale nei processi creativi. University of Utah Healthcare

Chi ha performance elevata in creatività mostra connettività aumentata tra aree prefrontali inferiori e il DMN, suggerendo cooperazione tra controllo cognitivo e immaginazione libera. PMC

Tuttavia, molte domande restano: possiamo potenziare queste connessioni? Come trasformare queste scoperte in pratiche creative efficaci? La neuro‐scienza ancora fatica a fornire programmi operativi affidabili. PMC

Questi risultati mostrano che la creatività umana è un risultato dinamico di reti cerebrali, cognizione libera e controllo consapevole. Un modello innanzitutto non ha cervello, non ha network propri da modulare, per cui è improbabile che possa replicare questi processi interni.

6. Implicazioni pratiche per chi crea oggi

Nel rapporto tra creatore umano e IA, possiamo evitare due trappole: la rassegnazione (“ormai l’IA scrive meglio”) e l’idealizzazione (“solo l’uomo ha valore”). Piuttosto:

  • Usa l’IA come supporto: per accelerare bozze, generare varianti, stuzzicare idee; ma lasciarla muta sul nucleo semantico.
  • Conserva il compito umano di curare connessioni concettuali: l’autore deve decidere cosa dire, in che direzione, quale messaggio emergente spingere.
  • Intervieni con editing forte: elimina ciò che sembra superficiale, rafforza il tema, imposta struttura, salva solo le parti che “vibrano” concettualmente.
  • Allena la consapevolezza semantica: fai riflessioni metalinguistiche, chiediti “cosa sto davvero dicendo?”, “a chi parlo e perché?”, “quale è la tensione concettuale che tengo viva?”.

Se fai così, l’IA diventa strumento, non sostituto.

7. Conclusione

Lontano dall’essere un confronto manicheo, la relazione tra creatività umana e modelli linguistici è un territorio misto. La creatività umana poggia su reti neurali, esperienze, intenzioni, capacità di semantica profonda e di costruzione narrativa. Le IA possono imitare, accelerare, stimolare, ma al momento restano prive del motore semantico che alimenta le opere umane vere. Se riconosciamo questo, possiamo collaborare con le macchine anziché temerle, salvando ciò che importa: l’atto creativo vero.

Articolo di Stefania Vannucci

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