Streaming in lingua originale, scelta strategica o problemi di budget?

Negli ultimi anni, il panorama dello streaming è cambiato in modo significativo, con piattaforme come Netflix e Disney+ che stanno sperimentando nuove modalità di fruizione per i loro contenuti. Una tendenza recente vede titoli disponibili solo in lingua originale e, a volte, con sottotitoli nella stessa lingua, lasciando perplessi molti utenti, soprattutto in nazioni come l’Italia, dove il doppiaggio è uno standard consolidato.

Questa scelta, che sembra contrastare con le preferenze del pubblico, sta suscitando interrogativi: è un segno di cambiamento nelle strategie di distribuzione? O si tratta di una conseguenza di limitazioni di budget? Vediamo più da vicino alcuni casi e cerchiamo di capire le possibili motivazioni dietro a questa tendenza.

Esempi recenti: quando la lingua originale è l’unica opzione

Titoli come Madam Secretary e A Discovery of Witches su Netflix, e The Artful Dodger su Disney+, sono stati resi disponibili solo in lingua originale, spesso con sottotitoli automatici nella stessa lingua. Questa scelta appare strana in paesi come l’Italia, dove la maggior parte del pubblico è abituata a contenuti doppiati e potrebbe trovare difficile fruire di serie televisive in lingua straniera.

In altri stati, il sistema di visione in lingua originale è ben consolidato, soprattutto in nazioni del nord Europa, dove la conoscenza dell’inglese è più diffusa. Tuttavia, in Italia e in altre nazioni in cui il doppiaggio è la norma, questa novità rischia di limitare la fruizione. I sottotitoli nella lingua locale, se presenti, potrebbero aiutare a superare questa barriera, ma sembra che alcune piattaforme stiano facendo scelte diverse.

Un cambiamento di approccio o un problema di budget?

L’assenza di doppiaggio in alcuni titoli potrebbe rappresentare una nuova strategia di distribuzione, mirata a testare l’accettazione della lingua originale da parte degli utenti. Le piattaforme di streaming, infatti, continuano a espandere le loro offerte e a ridurre i costi operativi, e in alcuni casi potrebbero optare per limitare l’investimento nel doppiaggio, una delle componenti più costose della localizzazione.

Tuttavia, è anche possibile che questa scelta sia dettata da un ridimensionamento dei budget destinati alla distribuzione internazionale. Con l’introduzione di abbonamenti a basso costo supportati dalla pubblicità (ad eccezione di Disney+, che non ha ancora implementato le ADS), le piattaforme stanno cercando di attrarre un pubblico più vasto e, di conseguenza, stanno ricalibrando le loro spese per mantenere i costi accessibili. Questo modello di abbonamento potrebbe richiedere una gestione più attenta delle risorse, e rinunciare al doppiaggio potrebbe rientrare in questa logica.

Gli spettatori sono pronti per i contenuti in lingua originale?

Negli ultimi anni, la comprensione della lingua inglese è aumentata, soprattutto tra i giovani, che consumano contenuti in lingua originale con più facilità rispetto alle generazioni precedenti. Tuttavia, questo vale prevalentemente per l’inglese, mentre le difficoltà linguistiche persistono per altre lingue. In questo contesto, offrire contenuti solo in lingua originale potrebbe rappresentare una barriera significativa per una parte del pubblico.

Il caso degli anime e delle serie giapponesi è un esempio interessante: molti titoli giungono in Italia in lingua originale, con sottotitoli in italiano. Il pubblico degli anime, però, è abituato a questa modalità di fruizione e, anzi, preferisce il doppiaggio in lingua giapponese, a differenza degli spettatori di serie TV. Il rischio è che, con la mancanza di un doppiaggio in italiano, il pubblico si senta meno coinvolto e perda interesse verso titoli di produzione occidentale.

Una questione di costi e di target?

L’assenza di doppiaggio per alcuni titoli potrebbe indicare un cambio di strategia delle piattaforme di streaming, che potrebbero valutare la convenienza di doppiare solo i contenuti di maggiore successo o destinati a un pubblico più vasto. Questa strategia di ottimizzazione delle risorse si allinea con il bisogno di ridurre i costi, in un momento in cui l’offerta di streaming si è ampliata notevolmente e la competizione è molto alta.

Il contenimento dei costi di doppiaggio può essere una scelta comprensibile, ma rischia di penalizzare una parte del pubblico. L’assenza di una localizzazione adeguata può limitare l’accesso a contenuti di qualità per gli spettatori che non parlano fluentemente altre lingue.

Conclusioni: streaming in lingua originale, una scelta controversa

In conclusione, il trend di rendere disponibili contenuti solo in lingua originale, senza doppiaggio e talvolta senza sottotitoli nella lingua locale, sembra essere una scelta legata a strategie di risparmio e test di mercato. Sebbene alcuni spettatori possano apprezzare la possibilità di fruire dei contenuti in lingua originale, per molti questa scelta rappresenta una barriera alla fruizione.

Le piattaforme di streaming dovranno capire se questa strategia possa effettivamente funzionare in mercati come quello italiano, dove la richiesta di contenuti doppiati resta alta. L’equilibrio tra qualità dell’esperienza utente e contenimento dei costi sarà una sfida continua.

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