Abbiamo imparato a conoscere il concetto di “ultimo miglio” quando ci siamo scontrati con i limiti della fibra ottica. Quel tratto finale che separa l’armadio stradale da casa nostra – il famoso passaggio da FTTC a FTTH (dalla fibra fino al cabinet in strada, alla fibra fino a casa tua) – è diventato il simbolo di una distanza spesso insormontabile. Ma quella distanza non esiste solo nei cavi: esiste anche nel marketing. E come nella tecnologia, anche qui la potenza della carta accanto al digitale nell’ultimo miglio fa la differenza.
Quando la geolocalizzazione non basta
C’è un marketing locale, capillare, che vive nel raggio di pochi chilometri. È il marketing delle piccole attività, dei negozi sotto casa, dei servizi che non hanno le risorse per presidiare i grandi media o conquistare l’algoritmo di Google e Meta. Eppure, è lì che spesso si gioca la vera battaglia per la visibilità.
Il problema? La geolocalizzazione non è ancora così precisa da garantire una copertura realmente utile a chi lavora nel territorio. Così, anche nel mondo digitale, ci si ritrova a combattere una guerra impari.
Il paradosso del mondo digitale
Qualche giorno fa, io e il mio socio siamo stati a un incontro con Fabio Tucci di Editrice Milanese, per parlare di un progetto che nulla aveva a che fare con la stampa. Ma come succede spesso nelle conversazioni più stimolanti, è emerso un tema inatteso: il marketing dell’ultimo miglio.
Fabio ci ha raccontato di come la pubblicità cartacea, quella dei giornali distribuiti nelle edicole o nelle cassette postali, continui a funzionare. E non parliamo solo delle realtà strutturate ma anche della “pizzeria all’angolo”. “Accidenti, ne vendiamo un sacco. C’è una domanda incredibile”, ci ha detto. Una frase che ha acceso più di una riflessione.
Un mondo analogico che funziona nell’ultimo miglio
Viviamo immersi nella comunicazione digitale, ma abbiamo sottovalutato l’efficacia della carta o meglio della prossimità di essa. Siamo convinti che tutto debba passare da uno smartphone, che il marketing debba necessariamente essere tracciabile, geolocalizzato, automatizzato. E invece, c’è ancora chi legge la free press in metropolitana, chi sfoglia un giornaletto di quartiere in sala d’attesa, chi nota la pubblicità statica alla fermata del tram.
Non è una questione anagrafica. Non riguarda solo “i non digitalizzati”. Riguarda tutti noi. Anche chi si informa su SKY o sulla BBC finisce col leggere un articolo sulla riqualificazione del parco sotto casa se glielo metti davanti agli occhi, senza notifiche o pop-up.
L’effetto sorpresa della porta accanto
Il marketing di ultimo miglio ha un impatto che spesso supera la creatività patinata delle grandi campagne. Perché è vicino, è reale, è tangibile. Quando alla fermata del tram vedi il volto del pizzaiolo del tuo quartiere, quel messaggio ti arriva più diretto di una pubblicità con un testimonial famoso in Stazione Centrale.
E quando Fabio ci racconta che i cittadini li chiamano se il giornale non viene consegnato in una certa via, o che i Comuni li sollecitano per “coprire” una zona rimasta fuori, capisci che la relazione fisica con il territorio è ancora viva. E soprattutto, funziona.
Conclusioni: il valore della prossimità nell’ultimo miglio
Il marketing dell’ultimo miglio non è obsoleto, è solo più concreto, più umano. Non si sostituisce al digitale, ma lo completa o forse lo differenzia. È quel tocco rustico, imperfetto, che però riesce a colpire dritto al cuore. Perché in fondo, anche nell’epoca delle AI e delle vendite automatizzate, continuiamo ad essere attratti da ciò che succede sotto casa nostra.
E forse, proprio lì, accanto a noi, si gioca ancora una partita importante del marketing ma soprattutto della vendita.