L’età dei social cambia in Australia, ma a che età sarebbe giusto accedere?

Articolo scritto da Alessandro Villa

I social e il nuovo limite di età in Australia. La notizia che arriva dall’Australia ha suscitato molto dibattito: l’età minima per accedere ai social è stata innalzata da 13 a 16 anni. Questo cambiamento normativo punta a proteggere i minori dai pericoli di queste piattaforme, ma la domanda che mi sono posto è: questa misura è davvero efficace?

Non sono un pedagogo né un sociologo, ma lavoro ogni giorno con i social e mi sono fatto un’idea chiara. In linea di principio, posso essere d’accordo con questa decisione. Tuttavia, credo che vietare l’accesso non sia la soluzione. È necessario andare oltre i divieti e concentrarsi su ciò che davvero manca: educazione e formazione, sia per i ragazzi che per gli adulti.

Perché i social sono così importanti?

Vivendo e lavorando nel mondo dei social, ho visto come ogni utente abbia un motivo diverso per accedervi. Alcuni cercano:

  • Intrattenimento o informazioni;
  • Un’occasione per vendere o comprare;
  • La possibilità di farsi conoscere o di soddisfare il proprio ego;
  • Oppure, purtroppo, scopi meno nobili come truffare o adescare.

Ogni iscritto ha una ragione diversa, ma il problema è che molti adolescenti non hanno gli strumenti per navigare questo mondo in modo sicuro. E non sempre gli adulti di riferimento sono preparati ad aiutarli.

La mia esperienza come genitore e professionista

Quando sono diventato genitore, ho iniziato a vedere i social con occhi nuovi. Mi sono documentato, ho parlato con esponenti della polizia postale, esperti di privacy e giudici minorili. Le mie ricerche mi hanno aperto gli occhi sui pericoli che si nascondono dietro questi strumenti, ma anche su come sia possibile ridurli attraverso la conoscenza.

Negli anni, mi è stato chiesto di tenere corsi a ragazzi tra i 14 e i 16 anni sull’uso professionale dei social. Durante questi incontri, ho sempre sottolineato i principali rischi, ma ho notato una cosa: non sono i ragazzi il problema principale. Loro, in qualche modo, imparano a muoversi da soli. Ciò che manca davvero è una corretta formazione per i genitori e per gli adulti, che spesso non hanno competenze sufficienti per educare i propri figli a un uso consapevole.

Le normative accesso social nei principali paesi

Ogni nazione ha le proprie regole sull’accesso ai social:

  • Unione Europea e USA: età minima di 13 anni, in conformità con il COPPA (Children’s Online Privacy Protection Act) e il GDPR.
  • Corea del Sud: età minima di 14 anni.
  • Australia: ora l’età è stata innalzata a 16 anni.

Questi limiti hanno un intento nobile, ma non sempre riescono a prevenire i problemi. Un divieto, infatti, non insegna a un ragazzo a difendersi da una truffa o a evitare contenuti inappropriati.

Cosa serve davvero: educazione e formazione

La mia opinione è che vietare non basta. È fondamentale investire nell’educazione, sia per i ragazzi che per gli adulti. Molti genitori della mia generazione hanno vissuto l’arrivo di internet e dei social, ma non hanno mai sviluppato le competenze necessarie per proteggere sé stessi, figuriamoci i propri figli.

Per esempio, quanti adulti sanno davvero riconoscere una truffa online? O quanti prestano attenzione alla propria privacy digitale? Se chi dovrebbe educare non ha competenze adeguate, diventa difficile trasmettere buone pratiche ai ragazzi.

La mia proposta per l’accesso ai social

Al governo australiano e a tutti gli enti simili direi: non è con un divieto che si risolvono i problemi. È necessario avviare programmi di formazione che coinvolgano scuole, famiglie e ragazzi. Solo così possiamo creare una generazione di utenti consapevoli, capaci di sfruttare il potenziale dei social senza esserne vittime.

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