Ci sono voci che ti tengono compagnia, altre che ti aiutano a pensare, altre ancora che ti fanno venire voglia di fermarti un attimo e riflettere. È successo qualche giorno fa mentre ascoltavo una puntata del podcast BSMT di Gianluca Gazzoli, quella con Jago, lo scultore. Una puntata che mi ha colpito in un modo diverso rispetto al solito, e che mi ha fatto venire voglia di scriverne qui, sul nostro magazine.
Da qualche mese ormai ascolto podcast mentre lavoro. Fanno parte della mia routine, spesso sono lo sfondo alle ore in cui creo siti, scrivo o ragiono su progetti. Mi accompagnano, mi stimolano. Tra i miei preferiti ci sono Breaking Italy Night, le Quattro chiacchiere di Montemagno, Supernova di Cattelan… e poi il BSMT, che sto recuperando a ritroso. Ma con questa puntata, quella con Jago, è successo qualcosa di più.
Un artista atipico, una lezione semplice
Jago non è un artista “mainstream” nel senso tradizionale del termine, ma ha capito perfettamente come usare gli strumenti della comunicazione di oggi. Non solo li conosce, li padroneggia. Li ha messi al servizio di una narrazione che lo ha accompagnato fin dall’inizio, quando i suoi progetti erano solo idee in un laboratorio, e nessuno gli apriva le porte del “mondo dell’arte”.
La cosa che mi ha colpito, però, non è stata solo la sua lucidità strategica. È stata la semplicità con cui ha raccontato la sua storia, la naturalezza con cui ha descritto scelte e percorsi che oggi, a posteriori, sembrano quasi banali. Ma che di banale, in realtà, non hanno nulla. Sono il frutto di un lavoro duro, di prove, errori, cadute e ripartenze. Ma anche – e soprattutto – della volontà di raccontarsi. Di mostrare il proprio lavoro, il proprio modo di vedere il mondo, i propri pensieri. Tutto questo, senza mai snaturarsi.
Quello che racconti, prima ancora di quello che fai
Nel nostro lavoro parliamo spesso con clienti che hanno tante cose da dire, ma che non trovano mai il tempo (o il modo) per farlo. Professionisti, imprenditori, artigiani straordinari che, se li incontri a voce, ti conquistano. Ma che online non si raccontano. Rimangono muti, invisibili.
Jago, in questo senso, è un esempio. Ha usato i social non per apparire, ma per condividere. Ha creato una relazione con chi lo seguiva. Ha costruito fiducia, passo dopo passo. E oggi quella fiducia si è trasformata in riconoscimento, autorevolezza, libertà di azione. Non perché ha avuto fortuna, ma perché ha scelto di esserci. Di dire qualcosa che valesse la pena ascoltare.




L’ispirazione per il Dreamers Editorial Hub
Quando abbiamo creato il Dreamers Editorial Hub, l’idea era esattamente questa: aiutare le persone e le aziende a raccontare quello che sono, con autenticità e costanza. Dopo aver ascoltato Jago, mi è venuta voglia di fargli le stesse domande che stiamo facendo nelle interviste in corso con i nostri clienti e collaboratori. So che forse non avremo mai l’occasione di farlo. Ma sentivo il bisogno di ringraziarlo, in qualche modo. Anche solo scrivendone.
Un ringraziamento, e un invito
C’è una frase che mi è rimasta in testa, detta quasi per caso durante la puntata: “Io mi sono costruito il mio pubblico. Ho parlato con chi voleva ascoltarmi”. È una frase semplice, ma potente. Perché in un mondo che grida per ottenere attenzione, Jago ci ricorda che il punto non è parlare a tutti. Ma parlare a chi ci vuole ascoltare. E trovare il modo di farlo in modo sincero.
Quindi sì, taggherò sia lui che Gianluca Gazzoli quando pubblicheremo questo articolo. Lo farò non per visibilità, ma per gratitudine. Perché condividere qualcosa che ci ha fatto riflettere è anche questo: un modo per riconoscere il valore degli altri. E per, magari, dare a qualcuno lo stimolo giusto per iniziare a raccontarsi davvero.
Articolo di Alessandro Villa
Photo Credits: Profilo di Instagram di Jago.